Ricorso per la regione Toscana, in persona del presidente della Giunta regionale, rappresentata e difesa per procura a margine del presente atto dall'avv. Alberto Predieri e presso il suo studio elettivamente domiciliato in Roma, via G. Carducci n. 4 contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt. 3 e 5 del decreto-legge 8 marzo 1993 n. 54 "Disposizioni a tutela della legittimita' dell'azione amministrativa", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 56 del 9 marzo 1993. 1. - Sulla Gazzetta Ufficiale n. 56 del 9 marzo 1993 e' stato pubblicato il decreto-legge in oggetto. Esso in parte riordina, secondo un'articolazione regionale, le funzioni giurisdizionali della Corte dei conti; provvede alla soppressione di talune sezioni della Corte dei conti; riorganizza la funzione del pubblico ministero presso la Corte dei conti e i giudizi in materia pensionistica; introduce la prescrizione dell'azione di responsabilita' per tutti gli amministratori e dipendenti delle pubbliche amministrazioni, gia' prevista dall'art. 58 della legge n. 142/1990 per i soli amministratori e il personale degli enti locali, nonche' l'obbligo di denuncia dei fatti dai quali e' derivato o potrebbe derivare un danno erariale, e degli atti e dei comportamenti di cui viene rilevata l'illegittimita'. 2. - In altra parte, e precisamente nell'art. 3, il decreto-legge introduce l'azione a tutela della legittimita' amministrativa. Il procuratore regionale presso la Corte dei conti puo' in via autonoma proporre ricorso al t.a.r. "avverso atti e provvedimenti di pubbliche amministrazioni, in vista dell'interesse generale al buon andamento e all'imparzialita' di esse, a tutela della legittimita' dell'azione amministrativa; puo' altresi' resistere e intervenire nei giudizi pendenti innanzi a detto tribunale" (art. 3, primo comma); puo' (o, in alternativa, il procuratore generale puo') proporre appello in Consiglio di Stato nei confronti delle sentenza del t.a.r., il quale, come del resto il Consiglio di Stato, ha termini brevissimi per decidere incamera di consiglio (art. 3, secondo e terzo comma). Allo scopo di consentire l'azione, e' fatto obbligo a tutte le amministrazioni pubbliche, di trasmettere al procuratore regionale tutti i provvedimenti dai quali derivi per l'erario una spesa superiore a un miliardo, nonche' di tutti quelli di pianificazione del territorio, di programmazione degli interventi industriali e delle opere pubbliche, di rilascio delle concessioni edilizie e di approvazione di concessioni e contratti per l'esecuzione di opere, forniture e servizi (art. 3, quarto comma). I successivi commi contengono norme di procedura: tra le quali va in particolare notata quella secondo cui "quando ricorrono le condizioni di cui al primo comma e risulta gia' pendente il giudizio, il procuratore regionale vi interviene con atto da notificare a tutte le parti; in tali casi, il giudice amministrativo decide sulla legittimita' dell'atto o del comportamento impugnato anche quando ritiene che il ricorso sia irricevibile, inammissibile o improcedibile, ovvero quando il ricorrente ha dichiarato di voler rinunziare all'impugnazione. In ogni caso, i termini processuali sono ridotti della meta'". 3. - La norma censurata viola, sotto molteplici profili, la normativa costituzionale incidendo, in modo lesivo, sulla sfera di competenza regionale, e legittimando di conseguenza la regione a impugnarla. In primo luogo, l'attivita' del procuratore regionale si sostanzia, al momento del "prelievo" dell'atto amministrativo regionale, ai fini della valutazione della sua legittimita', in relazione allo svolgimento successivo ed eventuale del ricorso o dell'intervento al t.a.r., nell'estrinsecazione di un giudizio che e' precisamente quello che caratterizza l'attivita' di controllo: la quale invece, ai sensi dell'art. 125 della Costituzione, e' gia' esercitata dall'organo individuato con la legge n. 62/1953 e succes- sive modifiche e integrazioni, nelle forme e nei modi da questa previsti, e cioe' secondo una normativa gia' esistente che il decreto-legge non abroga ne' potrebbe abrogare. E' pacifico che appartenga alla nozione di controllo, come elemento essenziale, il giudizio portato sull'atto oggetto del controllo: "c'e' concordia in dottrina", si e' recentemente ricordato, "sul punto che il controllo debba comprendere il momento del giudizio, come valutazione di conformita' dell'oggetto controllato alla sfera di valori che il controllante deve tutelare, momento che implicitamente contiene in se' l'altro momento c.d. ispettivo, considerato che il giudizio comporta sempre la presa di conoscenza della materia da controllare" (Tomei, L'approvazione amministrativa, Torino, 1990, p. 94). Controllo e' "la verificazione di conformita' a determinati canoni dell'operato di altre figure soggettive" (Giannini, Istituzioni di diritto amministrativo, Milano, 1981, p. 48; Sepe, Controlli. I) Profili generali, in Enc. giur. Treccani): cosicche' la fase dell'accertamentoo verifica o valutazione intesa come "esame di una condotta della figura soggettiva controllata in ordine ad un canone" (Crosetti, Controlli amministrativi, Dig. disc. pubbl., t. IV, Torino, 1989, p. 68) e' elemento e fase costitutivi del procedimento di controllo. L'attivita' del procuratore regionale, o del procuratore generale in caso di appello, che prendono in esame gli atti dell'amministrazione regionale e ne valutano il contenuto "in vista dell'interesse generale al buon andamento e all'imparzialita'" della p.a. e "a tutela della legittimita' dell'azione amministrativa" (come afferma l'art. 3, primo comma, che in tal modo esplicita il canone della valutazione affidata al procuratore regionale) e' pertanto tipicamente attivita' di controllo, rientrando pienamente nella configurazione dello stesso. E' infatti "ormai acquisito il concetto che anche nel campo pubblicistico il controllore, allorche' riesamina, anche nei limiti del solo controllo di legittimita', un'attivita' amministrativa discrezionale, non si limita a verificare meccanicamente la conformita' alle norme ma compie intellettualmente una valutazione dell'esercizio dell'attivita' discrezionale del controllato (accertamento di una situazione di fatto e degli interessi primari e secondari con essa connessi e ponderazione dei vari interessi) per pervenire ad un giudizio di valore (che servira' anche come indirizzo per l'attivita' futura da svolgere)" (Sepe, cit.; nonche' Levi, L'attivita' conoscitiva della P.A., Torino, 1967, 221 ss.; Sepe, L'efficienza nell'azione amminsitrativa, Milano, 1975, 173 ss.). Tale attivita' valutativa inoltre, non e' fine a se' stessa, ma e' orientata a provocare l'adozione di una misura ostativa al pieno dispiegarsi degli effetti dell'atto, quale e' la sottoposizione dello stesso al vaglio dell'organo giurisdizionale. Al momento, o fase, accertativi, segue pertanto un momento comminatorio, che pure appartiene tipicamente al controllo (cfr. gia' Forti, I controlli dell'amministrazione comunale, Tratt. orlando, II, 2, Milano, 1915, 508 ss.; e poi, soprattutto, Giannini, Recensione a Salvi, Riv. trim. dir. pubbl., 1958, p. 374; Id., Istituzioni .., cit., p. 48-49). Il fatto che la misura ostativa (nella specie, l'annullamento dell'atto, che costituisce lo specifico petitum del ricorso al tribunale amministrativo regionale) non sia direttamente prodotta dallo stesso soggetto controllante, ma venga da questi provocata tramite la richiesta dello stesso ad un organo giurisdizionale terzo, non implica assenza di un elemento costitutivo del controllo, data la riconosciuta estrema varieta' e multiformita' della categoria della misura ostativa, che puo' risolversi anche nella proposta che essa venga adottata da altra autorita' (cosi' Giannini, Istituzioni .., cit., p. 48), ossia in un atto di impulso affinche' un soggetto terzo emetta il provvedimento conseguente al giudizio di disvalore che il soggetto controllante (nella specie chiedendo l'annullamento) ha pronunziato. 4. - In questa prospettiva, all'attivita' affidata al procuratore regionale presso la Corte dei conti deve pertanto riconoscersi natura di attivita' di controllo: con conseguente violazione dell'art. 125 della Costituzione, e lesione della sfera costituzionalmente garantita alla regione nella misura in cui si risolve in una inammissibile duplicazione dei controlli di legittimita' sugli atti dell'amministrazione regionale, che l'art. 125 della Costituzione non consente, come meglio diremo in seguito. Come detto, il decreto-legge 54/1993 non abroga (ne' potrebbe farlo) alcuna delle norme precedentemente in vigore (legge n. 62/1953 e successive modifiche e integrazioni), in base alle quali veniva (e viene tuttora) esercitato, ai sensi dell'art. 125 della Costituzione, il controllo di legittimita' sugli atti amministrativi della regione. Ne consgue che tale controllo e' adesso affidato, dopo l'entrata in vigore della legge n. 62/1953, sia in via preventiva alla commissione di controllo di cui agli artt. 41 ss. della legge n. 62/1953, sia in via successiva, e nella forma dell'accertamento della illegittimita' dell'atto, e dell'impulso ad un organo giurisdizionale terzo perche' proceda al suo annullamento, al procuratore regionale presso la Corte dei conti. Ad un controllo esercitato da un organo dell'amministrazione statale, se ne aggiunge un altro, esercitato da un soggetto qualificato per essere titolare di funzioni di pubblico ministero (art. 2, secondo comma), che svolge il controllo assumendo la qualita' di parte di un procedimento giurisdizionale destinato anch'esso ad un sindacato di legittimita' qual'e' quello del giudice amministrativo. La natura del controllo resta la stessa, perche' tanto la commissione di cui al capo II della legge n. 62/1953 e successive modifiche e integrazioni, quanto il procuratore regionale, esercitano un controllo che viene esplitamente qualificato di legittimita'. L'identita' di tale natura conferma la reale sostanza di vera e propria duplicazione del controllo, che si pone in aperto contrasto con l'art. 125 della Costituzione, a norma del quale il controllo di legittimita' e' esercitato da un organo dello Stato (e non da una pluralita' di organi, ciascuno dei quali avente la possibilita' di riformulare ex novo il controllo). E' evidente altresi' e rileva sotto il profilo della legittimazione al ricorso, la lesione della sfera costituzionalmente garantita alla regione, dal momento che l'illegittima duplicazione del controllo determina un'indebita ingerenza dello stesso, e la conseguente coartazione della sfera costituzionalmente riservata alla regione, in tutte le materie nelle quali si estrinseca la potesta' amministrativa regionale per gli atti di cui al quarto comma dell'art. 3, tra i quali stanno certamente atti rientranti nell'ambito delle competenze trasferite, come - a puro titolo esemplificativo - quelli attinenti alla materia urbanistica, o a quella dei lavori pubblici di interesse regionale. 5. - Per effetto della norma denunciata, viene in sostanza lesa la stessa essenza del sistema autonomistico configurato dalla Costituzione (art. 5), dal momento che si incide sul carattere costituzionale dell'autonomia regionale sancita dall'art. 115 della Costituzione, in particolare con riferimento alla disciplina costituzionalizzata degli elementi fondamentali di tutti i procedimenti di controllo sull'attivita' e sugli organi della regione (artt. 125, 126 e 127 della Costituzione), nonche' con riferimento alla sussistenza, ugualmente costituzionalizzata, di una possibilita' generale di controllo giurisdizionale e di conflitto di attribuzione sollevabile innanzi alla Corte costituzionale (art. 134 della Costituzione), nel rispetto delle forme e dei limiti fissati dalle diverse procedure, che concerne qualunque atto della regione e che comporta che esso non goda di nessuna sorta di immunita' da forme di sindacato concernenti la sua legittimita' successive all'inizio della sua efficacia, e suscettibile di condurre al suo annullamento. Come la Corte ha chiaramente detto, nella sentenza 229 del 1989, richiamando "i principi affermati dalla Costituzione a fondamento dell'ordinamento delle autonomie territoriali e che connotano la stessa forma di Stato italiana come Stato regionale", la norma fondamentale "al di la' delle enunciazioni piu' generali tracciate in tema di autonomia e decentramento dall'art. 5 della Costituzione puo' essere individuata nell'art. 115 della Costituzione, secondo cui "le regioni sono costituite in enti autonomi con propri poteri secondo i principi fissati nella Costituzione": norma ben differenziata, nei suoi contenuti, da quella espressa con l'art. 128 della Costituzione, dove si qualificano le province e i comuni come "enti autonomi nell'ambito dei principi fissati da leggi generali della Repubblica, che ne determinano le funzioni". Tale diversita' di formulazione mette pertanto in luce la natura costituzionale (o politica) dell'autonomia regionale, nonche' l'attribuzione alle stesse Regioni della qualita' di soggetti non solo amministrativi, ma costituzionali, investiti tra l'altro di una funzione quale quella legislativa, tradizionalmente riservata, nel modello di Stato liberale a impianto centralista, allo Stato-persona. La natura costituzionale che risulta conferita all'autonomia regionale comporta, come prima conseguenza, che il complesso sistema delle relazioni tra Stato e regioni debba trovare la sua base diretta nel tessuto della Costituzione, cui spetta il compito di fissare, in termini conclusi, le stesse dimensioni dell'autonomia, cioe' i suoi contenuti e i suoi confini. L'ulteriore conseguenza sara' che ad ogni potere di intervento dello Stato, suscettibile di incidere su tale sfera costituzionalmente garantita, in modo da condizionarne in concreto - cosi' come accade con le forme puntuali del controllo - la misura e la portata, non potra' non corrispondere un fondamento specifico nella stessa disciplina costituzionale". Traendo da cio' le conseguenze in tema di controlli, la Corte ha sottolineato con assoluta chiarezza che la disciplina dell'art. 125 della Costituzione "al pari di quella espressa sempre in tema di controlli negli artt. 126 e 127 della Costituzione viene a presentarsi come tassativa e insuscettibile di estensione da parte del legislatore ordinario, in quanto posta a garanzia di un'autonomia compiutamente definita in sede costituzionale". In questa prospettiva', appare manifesta e gravemente lesiva la norma denunciata. 6. - Ne' l'illegittimita' costituzionale della norma denunciata potrebbe venir meno qualora si negasse la sussistenza di un'attivita' di controllo in ragione della qualita' soggettiva del soggetto controllante, che non appartiene alla p.a., non e' un organo amministrativo, ma e' un organo giurisdizionale, appartenente al subsistema della Corte dei conti, e al quale l'art. 3 del d.l. conferisce una particolare legittimazione ad agire. Da un lato, infatti, negare la sussistenza di un'attivita' oggettiva di controllo in ragione della natura soggettiva del controllante non appare conferente. Se l'attivita' di controllo e' tale per sue connotazioni strutturali oggettive, come risulta dalla concorde dottrina, il fatto che una norma l'abbia attribuita ad un soggetto appartenente all'ordine giudiziario non fa cessarne la natura di attivita' di controllo, con le conseguenze, in tema di violazione dell'art. 125 della Costituzione e di lesione della integrita' delle competenze regionali che abbiamo gia' sottolineato. D'altro lato e comunque, la considerazione che il procuratore regionale e il procuratore generale presso la Corte d'appello hanno funzioni di pubblico ministero (art. 2, primo comma), ossia funzioni che la stessa Corte dei conti (nella sentenza 298/A del 6 febbraio 1982) e la dottrina riconducono all'esercizio della giurisdizione, aggrava l'illegittimita' costituzionale della norma. Anche qualora (in denegata ipotesi) si ammetta che l'attivita' del procuratore regionale e quella del procuratore generale in sede di appello non costituiscono nulla piu' che l'esercizio di una funzione giurisdizionale, resta che l'iniziativa di impulso giurisdizionale viene affidata al procuratore non gia' tramite l'attivazione dell'organo giudicante presso il quale gli e' consentito di esercitare le funzioni di pubblico ministero, ma con un ricorso introdotto ad un giudice appartenente ad una giurisdizione estranea a quella presso cui il procuratore esercita le funzioni di iniziativa proprie della sua qualita' di pubblico ministero. In tal modo, ad un organo che svolge istituzionalmente la propria attivita' requirente presso la Corte dei conti (come confermato dallo stesso art. 2 del d.l. 54), vengono conferiti poteri di impulso che presuppongono un'attribuzione di funzioni totalmente diverse da quelle che alla Corte dei conti e ai suoi organi sono riservate dall'art. 100, secondo comma, della Costituzione. Per effetto di una norma avente forza e valore di legge ordinaria, vengono pertanto attribuite, a singoli soggetti inquadrati nell'ambito dell'attivita' della Corte dei conti, organo di rilevanza costituzionale, funzioni estranee a quelle che, ai sensi della norma costituzionale ora citata, spettano a tale organo: in violazione del principio in base al quale e' vietato sopprimere o modificare le funzioni di un organo a rilevanza costituzionale con legge ordinaria. Non appare costituzionalmente legittimo che un organo che esercita le proprie funzioni all'interno di una giurisdizione (e tale e' definita, dalla VI disp. trans. della Costituzione, quella della Corte dei conti, non meno di quella del Consiglio di Stato), possa esercitarle anche all'interno di una giurisdizione diversa, divenendo titolare del potere di promuovere l'azione indifferentemente nell'una e nell'altra. Cio' e' invece precisamente quanto avviene nel caso di specie, con la conseguente violazione dell'art. 100 della Costituzione, dato che alla Corte dei conti vengono attribuite funzioni non solo estranee a quelle che le sono proprie ai sensi di tale norma, ma addirittura stravolgenti rispetto ad esse, data la novita' del potere attribuito ad un organo della Corte dei conti di attivare la giurisdizione di un organo estraneo, appartenente ad una diversa giurisdizione. La regione Toscana e' legittimata a far valere il carattere lesivo che tale violazione determina sulla sfera delle proprie attribuzioni, dal momento che la predetta violazione interferisce gravemente - come detto - con l'intero svolgimento delle attivita' di propria competenza. 7. - A tali indicazioni, coerenti nel senso della incostituzionalita' del decreto, vanno aggiunte quelle - che comportano la violazione dell'art. 97 della Costituzione e del principio del buon andamento dell'amministrazione, che ugualmente la regione e' legittimata a far valere dati gli effetti del controllo in tal modo istituito sulla sfera delle proprie attribuzioni - che derivano dalla possibile contraddittorieta' dell'esito del controllo positivo della C.C.A.R. (di cui, com'e' noto, ai sensi della legge n. 62/1953, art. 41, lett. b), fa parte anche un magistrato della Corte dei conti) e di quello del procuratore regionale presso la stessa Corte dei conti, che manifesti un'opinione diversa e inizi il (o intervenga nel) ricorso giurisdizionalmente amministrativo.